高揚 / KOUYOU, la mostra fotografica di Chef Rubio alla Sagra dell’Anguilla di Comacchio / 5 ottobre 2019
A Comacchio come in Giappone, l’anguilla è il punto cardine dell’alimentazione e della cultura del popolo. Ho tributato la vita e la morte di questa creatura con la mostra fotografica 高揚 / KOUYOU, dal 5 ottobre alle ore 15 a Comacchio nell’ambito della Sagra dell’Anguilla, allestita all’interno degli spazi della Manifattura dei Marinati fino al 13 ottobre.
Si tratta di 18 stampe analogiche formato 30×40 (15 colore e 3 B/N), selezionate tra gli scatti che ho realizzato durante un mio recente viaggio in Giappone (dicembre 2018). Ho documentato tutte le fasi di lavorazione dell’anguilla seguendo la filiera dello Chef e amico Jin Ogata, a partire dalla fabbrica di lavorazione a Yahata nella città di Kitakyushu a 20 minuti in macchina da Kokura dove si trova il ristorante di Jin Ogata.
Le immagini hanno poi suggerito il titolo in giapponese e i suoi significati.
高揚 / KOUYOU: elevazione/esaltazione dei sentimenti / umore
紅葉 / KOUYOU: foglie d’autunno rosse
効用/ KOUYOU: effetto, le anguille danno la forza per passare il caldo dell’estate
Chef Rubio, ex rugbista diplomatosi cuoco all’ALMA, divenuto celebre in TV con programmi cult sul cibo, è oggi anche un apprezzato fotografo con al suo attivo una pubblicazione edita Rizzoli, diverse esibizioni fotografiche e photo essay in produzione. Il fotografo Rubio propone scatti potenti e senza filtri che documentano il suo quotidiano, fatto di lavoro, cibo, viaggi, persone, luoghi, storie. Dal 2014 Rubio si è dedicato allo studio della fotografia, approfondendone la storia, gli interpreti, le tecniche, gli apparecchi ma soprattutto ha scattato senza sosta e sempre in analogico, sviluppato tanti rullini, trascorso moltissime ore in camera oscura nel laboratorio di uno dei maestri della fotografia romana – Rolando Corsetti -, oltre a confrontarsi con amici fotografi, fonti inesauribili d’ispirazione. A maggio 2018, la casa editrice Rizzoli pubblica la prima raccolta fotografica di Chef Rubio, s’intitola ‘Mi sono mangiato il mondo’. Un racconto personale, in immagini e note scritte, che indugia sui cibi di strada, paesaggi, volti, riti e tradizioni dei popoli finiti nell’obiettivo di Rubio, restituendo storie che sono spunto d’ispirazione e di riflessione sociale per chi le guarda. Le foto diventano un autentico esercizio di umanità che l’autore stimola partendo dalle emozioni impresse nei fermi-immagine e traccia una prospettiva sui grandi temi della vita e dell’attualità includendo l’intero genere umano ma con un occhio di riguardo ai più deboli. Nel giugno 2018 arriva la prima mostra, Baciamo le Mano tributo fotografico di Chef Rubio e di Alessia Di Risio agli artisti, artigiani e abitanti di Civitacamporano (CB), che con le attività del CVTà Street Fest sono riusciti a fermare lo spopolamento dell’antico borgo molisano. I soggetti in primo piano sono le mani come suprema capacità di generare infinite realtà, rappresentazione tangibile dell’efficienza e necessaria operosità per la sopravvivenza, da sempre capaci di creare e distruggere con espressività e plasticità qualsiasi materia e superficie. A ottobre 2019 Chef Rubio tributa la secolare lavorazione delle anguille di Comacchio con una mostra fotografica che gemella l’altrettanto antica tradizione dell’anguilla giapponese. Con il titolo KOUYOU espone 18 stampe durante la Sagra dell’Anguilla a Comacchio negli spazi della Manifattura dei Marinati. Rubio è in fase di produzione con due nuovi progetti fotografici: ‘Privati‘, storytelling su pellicola dei dialoghi personali che avvengono durante gli incontri previsti nel periodo detentivo tra le persone che vivono dentro e fuori dal carcere. Il secondo progetto fotografico riguarda nuovamente il Giappone e s’intitola YUKKURI Y2 / Piano Piano, fotoreportage da Osaka a Yakushima andata e ritorno. Y2 è una combinazione di metabolismi diversi tipici della zona del Kyushu. Il tempo come sempre definisce il sapore degli impasti. Chef Rubio lo sa e in questo progetto lascia che sia la lentezza a elogiare l’immagine, lasciandola respirare e dilatarsi quanto più possibile. Così il fotografo si pone nel punto di calma piatta del ciclone, ne è l’occhio e osserva l’autolisi degli eventi, ne gode lo sviluppo spontaneo e la costruzione, lo cattura e lo trasforma in foto, racconto, emozione.